
Si trasferì a Roma poco dopo, per seguire il figlio ricoverato al Policlinico. Finiti gli ultimi risparmi conobbe la strada e la disperazione. Poi i primi traffici. Vendere per conto di altri statuine di santi e rosari in piazza S.Pietro i giorni delle canonizzazioni dei santi. Gli affari iniziarono ad andare bene, si contavano i milioni, poteva risistemarsi. Decise di rischiare. Investì tutto quello che aveva guadagnato in un anno per un ultimo banchetto. Era il giorno della beatificazione di padre Pio. Comprò ogni tipo di cose. Rosari, catenine, medaglie, bracciali, oro, argento, statuette. Alle nove di mattina aveva già venduto quasi tutto. La folla divorava i suoi prodotti, aveva le tasche piene di folti mazzi di banconote da cento. Non riusciva a star dietro a tutte le mani che lo tiravano da una parte all'altra chiedendogli il prezzo, ha una busta? Rossi sono finiti? Quanti carati? Tenga il resto. Me ne dia altri venti. No grazie, solo d'argento. Gli suonò un paio di volte il telefonino, vide che era la sua compagna a chiamarlo e non stette a rispondere per non perdere tempo coi clienti, "la richiamo dopo", pensò. Alla terza chiamata si chiese se non era il caso di sentire cosa stava accadendo. Il pensiero corse immediatamente al figlio ancora ricoverato in ospedale, forse una grave ricaduta. Ma in quello stesso momento, alzando lo sguardo, con in mano il cellulare che continuava a suonare, vide farsi largo dritto davanti a lui, tra la folla, una pattuglia di finanzieri che avanzavano risoluti verso la sua bancarella. Impotente, mandò giù un po' di saliva, allentò l'espressione del viso in una paresi e lasciò cadere le braccia e il telefonino.
La compagna aveva cercato di avvisarlo, gli voleva dire di chiudere tutto e andarsene al più presto, stava arrivando la finanza. L'aveva visto in televisione, da casa. Le telecamere di tutto il mondo si erano fermate sulla sua bancarella improvvisata e sul caos che vi ruotava intorno, gridando allo scandalo contro le speculazioni sul culto dei santi. I finanzieri non potevano non intervenire in mondovisione. Gli sequestrarono tutto. Aveva più di cento milioni in contanti nelle tasche. Confessò dicendo che erano tutti gli incassi delle vendite e così glieli sequestrano insieme a tutta la merce. Non aveva nessuna licenza per vendere quella roba. Le tasche erano di nuovo vuote. Poche settimane dopo il figlio morì. Da allora continua a vagare per Roma. Ogni tanto si interessa ancora di politica, legge molto i giornali. Ha iniziato a lavorare in un bar, dopo tanti mesi di totale smarrimento. Gli faccio i miei auguri.
Chiedo se ha visto gli altri, Gigi, Giancarlo e Carmelo. Mi dice di no. Sono due giorni che non si vedono in giro, pare che abbiano trovato una sistemazione in un centro di accoglienza un po' in periferia. Non si sa molto di più né lo si vuole sapere, rimossi, sembra che stiamo parlando di tre sconosciuti. La strada è anche questo. Non ha memoria, è una via senza nome, dall'oggi al domani riscrive i suoi passi e di chi cambia indirizzo non restano tracce, se non nei ricordi di pochi.
Ero tornato al primo binario per un saluto, non ho trovato nessuno.
[Tratto da "Roma senza fissa dimora", 15 gennaio 2005]
Leggi "Roma città vista di spalle"
No comments:
Post a Comment