In vino veritas

Ieri sera, poco dopo aver chiuso questo quaderno scritto di appunti, sono circa le dieci. Seduto ai bordi di un binario qualunque guardo la gente passare. A un tratto un ragazzo africano attira la mia attenzione e un po' quella di tutti. Basso, magrolino, indossa vestiti di qualche taglia più grande. Barcolla. Cappellino rosso con la visiera, viso paffuto, occhi spenti, pare rimbalzare sulle sue gambe, flaccide, come di gomma. Fa avanti e indietro all'interno della stazione, si guarda intorno e grida a gran voce.

"Italiano di merda! Vaffanculo!" Sputa, si asciuga con la manica del giacchetto verde oliva la bocca. Barcolla. "Vaffanculo! Capito! Italiano di merda, vaffanculo! Italiano emigrante! Ha dimenticato il passato? 'Fanculo!" Sputa di nuovo.

Spettacolo poco edificante, dopo trenta secondi arrivano tre agenti e senza tanti complimenti lo accompagnano fuori di forza, trascinandolo per le braccia a peso morto. Arrivati sul piazzale dei bus lo mollano a terra piegato su se stesso, continua a sbraitare. Curioso e un po' preoccupato per le sue condizioni mi avvicino per vedere come sta. Gli allungo una mano per rialzarsi e… ricomincia da capo a recitare la sua parte. Faccio la parte del pubblico, seduto in disparte mi metto a ascoltare quello che dice. Ricordo gli antichi: in vino veritas.

Dal suo delirio alcolico emergono osservazioni affatto scontate. Ce l'ha con gli italiani che avendo dimenticato il loro passato recente da emigranti se la prendono oggi con gli stranieri non comunitari, criminalizzando chi non ha documenti e discriminando chi ce li ha perché è sempre un po' più nero del dovuto. Mentre parla cammina in circoli deformi, ma più che passi le sue sono elastiche mosse su piedi di molle per mantener l'equilibrio.

"La guerra in Iraq. Italiano vaffanculo. Per entrare in Italia se no ce l'hai i documento e tutti cose no puoi mai venire, no è possibile proprio, e se ce la fai hai una vita che no è vita. Però gli italiani per entrare nel Iraq no hanno portato documenti, no hanno chiesto permesso di soggiorno. Stronzo! Italiano di merda vaffanculo! Vaffanculo!" Sento un tonfo. Mi giro è caduto sulle gambe che non lo reggono in piedi, continua a sputare e a asciugarsi la bocca, continua a imprecare, vomitando la rabbia di chi è in strada perché senza una carta che apre le porte nel mondo del lavoro. Una carta, il permesso di soggiorno, che nel nostro paese è difficile avere e senza la quale si è accusati di reato, al pari di chi avesse compiuto del male.

In questi giorni per Roma mi accorgo di quanti, tanti, stranieri occupano i posti delle mense, molte le donne, dormono fuori la notte, magari nei parchi o alla stazione, spacciano roba, affogano i loro pensieri nell'alcol. Buona parte delle persone di strada non sono nate in Italia, ma sono arrivate da poco o da anni. Tutti vivono nella clandestinità. Non possono ricevere aiuti dai servizi sociali perché non esistono. Non possono denunciare eventuali violenze o torti subiti, perché sarebbero subito accompagnati alla frontiera.

Laurentio è un ragazzo rumeno, conosciuto ieri sera sul tardi, alla stazione. É in Italia da poco più di due mesi, giovane, forte, occhi neri intelligenti, ha iniziato a lavorare, ovviamente in nero, come muratore poco dopo il suo arrivo. Dormiva in una casa abbandonata nella periferia di Roma. Il suo datore di lavoro fin dalla prima settimana ha iniziato a rimandare il pagamento, finché un giorno l'ha cacciato in malo modo dal cantiere dicendo di non farsi mai più rivedere e di scordarsi il denaro di due mesi di lavoro. Arrivato a casa la stessa sera ha trovato la Polizia che aveva sgomberato l'edificio. Adesso è sbarcato a Termini da due o tre giorni e già frequenta losche compagnie.

Talenti e intelligenze gettate come monnezza nei cassonetti della miseria. Persone capaci, potenziali e fantasie, condannate ad arrancare a suon di pugni nel mondo violento della strada, incattiviscono, perdono dignità e buon senso. Che resta da fare per chi ha lasciato a casa miseria e dolore per tessere nel nostro paese un filo di speranza? Nelle sacche di povertà che in questo modo si vanno a ingrossare ai margini della città vengono così reclutate le nuove leve della criminalità. Soldi facili. Chi non ha niente spesso non ha niente da perdere, se non la dignità, ma di quella pochi ne tengono conto.

Dove dormo alla stazione in questi giorni, lungo via Marsala, davanti l'ufficio delle Poste, per terra la sera si coricano diversi profughi, per lo più africani, arrivati in Italia come richiedenti asilo politico. Provengono per lo più da Liberia e Costa d'Avorio. Zone spalmate di sangue, di fango e miseria. Terre da cui fuggono, come pugni di mosche, uomini e donne in cerca di protezione, speranza, fortuna, in cerca di un sogno. A loro la legge non garantisce un sufficiente piano d'accoglienza e i tempi per il riconoscimento dello status di rifugiato sono lunghi di mesi e di anni, nei quali non è permesso lavorare. Limbo.

[ Tratto da "Roma senza fissa dimora", 22 dicembre 2004]

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