On the road

Una palla sullo stomaco. La mela che ho mangiato a pranzo si è fatta di piombo e di ghiaccio. Indigestione. Sono seduto su una panchina, cerco i raggi del sole, che intanto tramonta. Non so che ore sono, non ho l'orologio. Sto male.

Auditorium di Roma. Due cupole fatte di sfoglie, pieghe carezzate dalle dita del vento, musica e liquide note poggiate su mattoncini rossi, travetti di legno d'abete e strutture portanti in acciaio. Materiali. In mezzo ad un verde di luce invernale, curato ad olivi, edere e pini.

Jack Kerouac. On the road. Mostra fotografica sull'autore simbolo della beat generation americana degli anni sessanta. L'antieroe, eroe perdente. Qui viene esposto lo scroll, un rotolo di carta lungo trentacinque metri che Kerouac ottenne incollando insieme ritagli di grandi fogli da disegno. Poi lo infilò nella macchina da scrivere ed iniziò a battere, ventuno giorni senza interruzioni, per la terza e definitiva stesura di quello che è rimasto il suo capolavoro. Anch'io sulla strada ci sono finito e, un po' come Kerouac, mi sforzo ogni giorno di inventare il mio tempo, con un poco di estro e poesia, per cogliere nelle piccole cose frammenti di un racconto di questa città.

Ieri notte. Alle dieci di sera il termometro segna più un grado, io già tremo dal freddo e ho paura all'idea di passare la notte all'addiaccio. Sapendo che Tiburtina rimane aperta durante tutta la notte, verso le undici prendo la metro e ci arrivo dopo pochi minuti. Salgo in sala d'attesa. Tuttavia dopo poco siamo tutti invitati ad uscire. C'è l'ordine di non fare sostare in sala chi non abbia il biglietto del treno. Non solo, non si può nemmeno stare all'interno dei locali della stazione. Sloggiare, tutti. Fuori! Un ubriaco inizia a protestare e a fare caciara. É grazie soprattutto a questi elementi che le ferrovie non lasciano più dormire nelle sale d'attesa chi non ha una casa dove andare, per evitare disturbo ai viaggiatori. A quel punto torno a Termini e me ne vado a dormire davanti alle Poste, di nuovo nascosto in mezzo a una lunga fila di corpi, cartoni e coperte.

[ Tratto da "Roma senza fissa dimora", 22 dicembre 2004]

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